venerdì 3 ottobre 2014

Il progetto Pozzo

Durante la tormentata e lunga stagione 1920/21, Vittorio Pozzo, già giocatore del Torino, poi tecnico della Nazionale alle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912, nonché giornalista, fu incaricato di redigere un progetto di riforma del campionato italiano, ormai divenuto un carrozzone di dimensioni gigantesche e che durava un'eternità, tanto da terminare in piena estate. Ricordiamo che la finale del campionato 1920/21 si svolse il 24 luglio 1921.
Sin dalle origini il campionato si era svolto in due fasi: una fase eliminatoria regionale e una fase conclusiva nazionale. Nel 1912, il progetto Valvassori-Faroppa trasformò la Seconda Categoria in campionato di Promozione, introducendo quindi i passaggi di categoria verso l'alto (promozione) e verso il basso (retrocessione). Lo sviluppo del calcio in provincia provocò la crescita vertiginosa del numero di squadre attrezzate per la massima serie. Nulla di male fin quì. Il problema nacque dal fatto che le retrocessioni di fatto non ebbero mai luogo, e di questo fatto beneficiò persino la Juventus, mentre le promozioni ci furono. Il numero di squadre in Prima Categoria fini per aumentare spaventosamente. La stagione 1920/21 vide al nastro di partenza ben 88 squadre di cui 64 al nord. 
Pozzo eliminò le eliminatorie regionali per sostituirle con gironi che abbracciassero l'intero nord Italia. Era ovviamente sottintesa una decisa diminuzione delle partecipanti e un rigoroso meccanismo che regolasse retrocessioni e promozioni. 
Tutto ciò in previsione di un futuro girone unico sul modello inglese, una volta che il campionato avesse coinvolto l'Italia intera,
Il progetto prevedeva quanto segue:
una Prima Divisione (o Divisione A) a 24 squadre di cui: 7 piemontesi, 5 lombarde, 3 liguri, 4 emiliane, 3 venete e 2 toscane;
una Seconda Divisione (o Divisione B) a 48 squadre a cui avrebbero partecipato le squadre non ammesse alla Prima Divisione e le vincenti della Promozione;
una Terza Divisione (o Divisione C) di tipo regionale con le squadre di Promozione non ammesse alla Seconda Divisione e le vincenti di Terza Categoria;
una Quarta Divisione (o Divisione D) di tipo regionale corrispondente alla vecchia Terza Categoria.
Le 24 principali società italiane si riunirono per stabilire che fossero loro stesse a partecipare alla Prima Divisione. Il che era un po' arbitrario perché, se da un lato si ammettevano squadre come il Brescia o l'Hellas Verona, che avevano disputato una stagione deludente, dall'altro lato si eliminavano squadre come Bentegodi, Saronno e Trevigliese che furono o semifinaliste o finaliste regionali.
Dal canto loro, le piccole società presentarono in progetto alternativo che consisteva in:
Prima Categoria di 72 squadre divise in otto gironi eliminatori;
Promozione, identica all'attuale e con sei promozioni;
Terza Categoria, che escludeva la partecipazione delle terze squadre dei club maggiori;
una Coppa Italia destinata alle squadre che, nel corso del campionato, risultassero eliminate dalla Prima Categoria e dalla Promozione.
Il consiglio federale si riunì in occasione della finalissima del 24 luglio 1921 per votare il progetto Pozzo. Le piccole società si presentarono decise a dar battaglia. E difatti il progetto Pozzo fu bocciato con 113 voti contro 65.
E questo diede la stura al grande scisma del calcio italiano: due federazioni e due campionati 1921/22.

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