lunedì 22 dicembre 2014

Il quinquennio juventino - Stagione 1932/33

SERIE A 1932/33
Durante il calciomercato, l'Ambrosiana-Inter fu particolarmente attiva: arrivarono in nerazzurro il portiere Ceresoli, il fantasista uruguagio Frione, ma soprattutto due campioni affermati come il napoletano Mihalic ed il bomber genoano Levratto. La Juventus non fece una campagna acquisti clamorosa, ma piuttosto ringiovanì l'attacco con il brasiliano Sernagiotto e fece esordire in prima squadra il diciottenne Borel, soprannominato "Farfallino".  Per il resto non ci furono grossi movimenti a parte l'acquisto di Ferraris II, da parte del Napoli, e di Banchero, da parte della Roma.

Il campionato non offrì grandi spunti. La Juventus dominò la classifica quasi sempre, eccetto nel periodo iniziale con un tentativo di fuga da parte del Napoli, poi rientrato. Alle sue spalle, l"Ambrosiana-Inter tornò a recitare un ruolo degno del suo blasone, mentre Bologna, Napoli e Roma cercavano di inserirsi nella lotta per le prime posizioni. In coda, il Casale riuscì a salvarsi mentre Bari e Pro Patria caddero in Serie B.

Classifica finale
SERIE A 1932/33
18/09/1932-29/06/1933
Juventus 54
Ambrosiana-Inter 46
Bologna 42
Napoli 42
Roma 39
Fiorentina 39
Torino 36
Genova 1893 34
Triestina 34
Lazio 33
Milan 32
Pro Vercelli 29
Palermo 29
Padova 28
Alessandria 28
Casale 24
Bari 22
Pro Patria 21
La classifica dei cannonieri fu vinta da Borel, rivelazione juventina, con 29 reti, davanti all'esperto Schiavio del Bologna con 28, seguiti poi dal napoletano Vojak I con 22 e da Meazza con 20.

JUVENTUS Campione d'Italia 1932/33 (5° titolo)
Formazione: Combi; Rosetta, Caligaris; Varglien I, Monti, Bertolini; Sernagiotto, Varglien II, Borel II, Ferrari, Orsi. Altri Titolari: Ferrero, Santagostino, Genta, Cesarini, Munerati, Vecchina, Imberti. Allenatore: Carlo Carcano
La rosa quasi al completo della Juventus, Campione 1932/33. In piedi, da sinistra: l'allenatore Carcano, Cesarini, Rosetta, Combi, Caligaris, Ferrero e Munerati. Al centro, da sinistra: Varglien I, Monti e Bertolini. Seduti, da sinistra: Sernagiotto, Varglien II, Borel II, Ferrari e Orsi.
Il campionato di Serie B fu vinto dal Livorno che fu promosso insieme al Brescia. In Prima Divisione fu retrocessa solo la Monfalconese CNT che, per problemi finanziari, si era ritirata dal campionato dopo sei giornate.  Atalanta e Pistoiese furono ripescate per la riforma della Serie B. 

martedì 9 dicembre 2014

Il quinquennio juventino - Stagione 1931/32

SERIE A 1931/32
Il calciomercato fu caratterizzato da una grande quantità di oriundi sudamericani in arrivo. La presenza sul mercato sudamericano più importante fu quella della Lazio che acquistò ben 7 brasiliani (Castelli, Del Debbio, De Maria, Guarisi, Rizzetti, Serafini e Tedesco) più l'allenatore (Amilcar Barbuy). Non è un caso se la compagine biancoceleste fu soprannominata "Brasilazio" (ricordiamo che oltre ai nuovi acquisti erano già presenti in rosa i cugini Fantoni, anch'essi brasiliani). I colpi migliori però furono messi a segno dall'Ambrosiana che ingaggiò l'argentino Demaria e l'uruguagio Scarone, il Bologna con l'uruguagio Sansone ed i campioni uscenti della Juventus che si aggiudicarono le prestazioni di Luis Monti (argentino, vice-campione del mondo 1930) e di José Maglio, anch'egli argentino. Oltre all'ingaggio del mediano alessandrino Bertolini. 
Il Bologna fu la squadra che si aggiudicò il girone di andata grazie anche ad una Juventus condizionata dall'assenza di Monti a causa dalla pessima forma in cui si trovò al suo arrivo. Nel girone di ritorno il Bologna fu vittima di un calo di forma e perse colpi, consentendo la rimonta ed il sorpasso alla Juventus che riuscì anche ad aggiudicarsi lo scontro diretto. I bianconeri si aggiudicarono il loro quarto titolo (secondo consecutivo) con due giornate d'anticipo.
In coda, Modena e Brescia non riuscirono ad evitare la retrocessione. Il Brescia giunse allo spareggio col Bari terz'ultima classificata, ma ne uscì sconfitto.

Questa la classifica finale:
SERIE A 1931/32
13/09/1931-12/06/1932
Juventus 54
Bologna 50
Roma 40
Fiorentina 39
Milan 39
Ambrosiana-Inter 38
Alessandria 38
Torino 37
Napoli 35
Pro Patria 31
Genova 1893 30
Casale 28
Lazio 27
Triestina 27
Pro Vercelli 27
Bari 25
Brescia 25
Modena 22

Spareggio salvezza
Bologna, 16/06/1932 : Bari-Brescia 2-1

La classifica dei marcatori fu vinta dal bolognese Schiavio e dal viola Petrone con 25 gol. Dietro a loro Marchina dell'Alessandria e Meazza dell'Ambrosiana-Inter con 21, Maini del Bologna e Orsi della Juventus con 19.

JUVENTUS Campione d'Italia 1931/32 (4° titolo)
Formazione: Combi; Rosetta, Ferrero; Varglien I, Monti, Bertolini; Munerati, Cesarini, Vecchina, Ferrari, Orsi. Altri Titolari: Caligaris, Varglien II, Maglio, Rosa. Allenatore: Carlo Carcano
Una formazione della Juventus Campione d'Italia 1931/32. In piedi, da sinistra: Combi, Munerati, Vecchina, Bertolini, Ferrari, Varglien I, Monti, Caligaris e l'allenatore Carcano. In basso, da sinista: Cesarini, Rosetta e Orsi.
Il campionato di Serie B fu vinto dal Palermo che fu promosso insieme al Padova. In Prima Divisione furono retrocesse Udinese, Lecce e Parma.

martedì 2 dicembre 2014

Il quinquennio juventino - Stagione 1930/31

Prima di affrontare la stagione 1930/31, desidero informare che sono in preparazione degli almanacchi in formato PDF contenenti le statistiche di ciascuna stagione e statistiche generali che verranno aggiornate ad ogni nuova stagione. Chi lo desiderasse può entrare in contatto con me per l'inoltro via e-mail.

SERIE A 1930-31
Nella fase di calciomercato, la Juventus azzeccò diversi colpi. Ingaggiò il miglior interprete del "metodo", cioè l'allenatore dell'Alessandria Carlo Carcano, che per lungo tempo sarà assistente di Pozzo in Nazionale. Due acquisti furono fondamentali: l'alessandrino Giovanni Ferrari e il centravanti del Padova Giovanni Vecchina. Il Genova 1893 dal canto suo si aggiudicò le prestazioni del vice-campione del mondo Guillermo Stabile, soprannominato El Filtrador e dell'altro argentino Juan Pratto. Il Bologna ingaggiò l'uruguagio Fedullo ed il talento della Pro Patria Reguzzoni. La Lazio si rivolse al mercato brasiliano ingaggiando i cugini oriundi Juan e Octavio Fantoni. Il Milan si affidò al talento livornese Magnozzi, il Napoli al milanista Tansini, la Roma si assicurò le prestazioni del portiere del Verona Masetti, della talentuosa ala del Bari Costantino e dell'argentino Lombardo. L'Ambrosiana invece fece operazioni di mercato secondarie, di fatto, rimase la squadra della stagione precedente.
La Juventus partì fortissimo vincendo le prime 8 partite consecutive e installandosi al primo posto con 5 punti di vantaggio sulle seconde (Bologna, Napoli e Roma). Il primato juventino non fu mai in discussione, nonostante i tentativi di Roma, Bologna e Genova 1893. L'Ambrosiana, campione uscente, non fu mai in corsa, mentre Milan, Torino e Lazio vivacchiarono a centro-classifica. Con una giornata di anticipo la Juventus si consacrò Campione d'Italia per la terza volta.

Questa la classifica finale:
Serie
A
28/09/1930-28/06/1931
Juventus 55
Roma 51
Bologna 48
Genova 1893 47
Ambrosiana 38
Napoli 37
Torino 36
Lazio 35
Brescia 34
Pro Vercelli 33
Modena 33
Milan 31
Alessandria 26
Triestina 25
Pro Patria 23
Casale 21
Livorno 20
Legnano 19

Il romanista Volk si aggiudicò la classifica marcatori con 30 reti, seguito da Meazza dell'Ambrosiana con 24, Vojak I del Napoli e Orsi della Juventus con 20.

JUVENTUS Campione d'Italia 1930/31 (3° titolo)
Formazione: Combi; Rosetta, Caligaris; Barale, Varglien I, Rier; Munerati, Cesarini, Vecchina, Ferrari, Orsi. Altri Titolari: Ghibaudo, Bodoira, Ferrero, Vollono, Mosca, Varglien II, Castellucci, Bigatto, Vojak II, Pogliano, Crotti. Allenatore: Carlo Carcano
una formazione della Juventus, campione 1930/31: da sinistra: Ferrari, Combi, Vecchina, Caligaris, Munerati, Barale, Rier, Varglien I. Accosciati da sinistra: Orsi, Rosetta e Cesarini.
Il campionato di Serie B fu vinto dalla Fiorentina che fu promossa in Serie A insieme al Bari. Lucchese, Derthona e Liguria furono retrocesse in Prima Divisione.

mercoledì 26 novembre 2014

Finalmente girone unico - Serie A 1929-30

SERIE A 1929/30
Finalmente la riforma voluta da Arpinati prese corpo nella stagione 1929/30. Al via 18 squadre, cioè le prime 9 classificate nei due gironi della Divisione Nazionale 1928/29. Le restanti formarono la Serie B.
Fino alla 15a giornata fu un duello tra Genova 1893 e Juventus. Alla 16a lo scontro tra Juventus e Ambrosiana vide il successo di quest'ultima (anche se in recupero con un mese di ritardo), mentre i genoani venivano sconfitti a Livorno. L'Ambrosiana passava in testa alla classifica e non avrebbe più mollato il primato. Alle sue spalle continuò il duello tra genoani e juventini per la piazza d'onore che fu appannaggio dei rossoblu liguri. In coda la Cremonese non fu mai in corsa per la salvezza, mentre per il penultimo posto fu bagarre. Le squadre invischiate nella lotta a due giornate dalla fine furono: Livorno, Modena, Pro Patria, Triestina, Lazio e Padova. Alla fine l'ultima giornata fu fatale per il Padova, già penultimo prima della gara. Il pesante cappotto (8-0) subito ad opera della Roma condannò i veneti alla Serie B.
Questa la classifica finale:
Serie A
06/10/1929-13/07/1930
Ambrosiana 50
Genova 1893 48
Juventus 45
Torino 39
Napoli 37
Alessandria 36
Bologna 36
Roma 36
Brescia 33
Pro Vercelli 33
Milan 32
Modena 30
Pro Patria 30
Livorno 29
Lazio 28
Triestina 28
Padova 26
Cremonese 16

La classifica dei marcatori fu vinta da Meazza con 31 reti, seguito da Volk della Roma con 21, Maini del Bologna e Vojak del Napoli furono terzi con 20 reti.

AMBROSIANA Campione d'Italia 1929/30
Formazione: Degani; Gianfardoni, Allemandi; Rivolta, Viani I, Castellazzi; Visentin III, Serantoni, Meazza, Blasevich, Conti. Altri Titolari: Smerzi, Bolzoni, Coppo, Gallio, Ciminaghi, Gasparini, Pietroboni, Balestrini, Pedrazzini, Povero, Rizzi. Allenatore: Arpad Weisz 

La classica formazione dell'Ambrosiana Campione 1929/30.
In piedi: Gianfardoni, Degani, Allemandi. Nella fila centrale: Rivolta, Viani, Castellazzi.
Seduti: Visentin, Serantoni, Meazza, Blasevich, Conti.
Il campionato di Serie B fu vinto dal Casale che fu promosso in Serie A insieme al Legnano. Biellese, Reggiana, Prato e Fiumana furono retrocesse in Prima Divisione.

mercoledì 19 novembre 2014

Personalità del calcio: Leandro Arpinati

Leandro Arpinati nacque a Civitella di Romagna (FC) il 29 febbraio 1892. Figlio di un commerciante di orientamento socialista fu iscritto dal padre al PSI quando aveva 16 anni. Assunto alle ferrovie, si trasferì a Torino, ma in seguito tornò al paese natale e vi fondò una sezione anarchica in contrasto con la locale sezione socialista.
Antonio Ghirelli, nella sua "Storia del Calcio in Italia" lo descrive così:
"Questo personaggio occupa in realtà un posto particolare nella pittoresca fauna della 'rivoluzione fascista'. Già anarchico e di professione lampista nelle ferrovie dello Stato, era diventato interventista alla vigilia della guerra mondiale e aveva quindi scelto la via di Mussolini per un'ambizione sollecitata da un temperamento bollente. Dotato di prestanza fisica, di un coraggio temerario e di un notevole fascino, non si era dimostrato insensibile - naturalmente con i limiti propri dell'autodidatta - al richiamo degli studi, che iniziò alla scuola serale Ars et Labor di Bologna e continuò fino alla morte violente, che doveva incontrare nel 1945 in circostanze poco chiare."
Leandro Arpinati

A Bologna fondò il secondo "fascio di combattimento" locale e ne divenne segretario, diventando anche uno dei capi dello squadrismo bolognese. Arrestato varie volte a causa dei ripetuti atti di violenza e coinvolto della strage di Palazzo d'Accursio a Bologna nel 1920, improvvisamente ripudiò l'uso della violenza nel 1923 e si ritirò dalla scena politica per un anno intero. Nel frattempo era divenuto deputato del Regno per il PNF e, dopo la marcia su Roma a cui non partecipò ritenendola "una buffonata" divenne vice-segretario generale del PNF. Nel 1926 fu nominato podestà di Bologna e presidente della FIGC.
La sua avventura come presidente federale cominciò con il trasferimento della sede da Torino a Bologna. Ghirelli scrive:
"La designazione di Arpinati a presidente della Federazione implicò il trasferimento della sede da Torino a Bologna, città di cui il gerarca fascista era podestà. Le resistenze non furono poche e i giornali del Nord scatenarono una violenta campagna contro una decisione che, effettivamente, non aveva altre giustificazioni se non quelle personalissime del nuovo padrone. Arpinati non si lasciò commuovere dai giornali, ma neppure si avvalse del suo potere per metterli a tacere."
Come presidente federale, diede il via all'importante riforma del campionato di calcio e ottenne l'assegnazione del Mondiali del 1934. Nel 1927, decise per la non assegnazione dello scudetto, vinto sul campo dal Torino, per la stagione 1926/27 a causa del già noto "caso Allemandi" e non assegnò il titolo al Bologna, secondo classificato, squadra di cui era notoriamente tifoso. Insieme a Luigi Ridolfi, fondatore e persidente della Fiorentina, svilupparono lo sport in Italia e nelle loro realtà territoriali. Rilevò la proprietà del "Corriere dello Sport" e gli cambiò il nome chiamandolo "il Littoriale", lo stesso nome che diede allo stadio di Bologna che fece costruire a partire dal 1925, l'odierno "Renato Dall'Ara".
Fu personaggio controverso, ribelle ed individualista fino all'estremo, insofferente alle ingerenze del partito e scandalosamente amico di alcune personalità antifasciste. Fu espulso dal PNF nel 1934 e rifiutò in seguito di aderire alla RSI. Nel 1945, incontrò la morte, ucciso forse da partigiani. Ma sulla sua fine le versioni sono varie e constrastanti. Le circostanze dunque non furono mai chiarite.

lunedì 17 novembre 2014

Verso il girone unico - Divisione Nazionale 1928/29

Nell'estate del 1928, Arpinati decise di imprimere una sterzata all'organizzazione del campionato di calcio. A partire dalla stagione 1929/30 il campionato avrebbe avuto il girone unico ad imitazione del campionato inglese. Già c'era stato un tentativo nella stagione 1909/10 prima della crescita elefantiaca del numero di squadre partecipanti alla massima serie.
La stagione 1928/29 sarebbe stata dunque l'ultima strutturata secondo il Progetto Pozzo del 1921. Ma Arpinati fece le cose in grande. Aumentò il numero di squadre dalle 22 della stagione 1927/28 a 32. Una crescita di ben 10 unità. Perché? Beh, più volte abbiamo scritto che il regime cercò di dare visibilità calcistica al maggior numero possibile di città italiane e questo allargamento era studiato proprio a questo proposito. Le disposizioni federali in tal senso già sono state pubblicate nell'ultimo post, ma per ricapitolare: alla fine furono ripescate tutte le 6 retrocesse (Napoli, Lazio, Reggiana, Livorno, La Dominante e Hellas Verona) e furono promosse dalla Prima Divisione oltre alle prime classificate dei quattro gironi (Atalanta, Biellese, Pistoiese e Bari), anche le seconde (Venezia, Legnano, Prato e Fiorentina). A queste squadre si aggiunse la Triestina, per motivi politici, in quanto le squadre dei territori della Venezia Giulia conquistati dopo la grande guerra, ancora non erano salite alla ribalta nazionale. Per ultima l'US Milanese... per avere la scusa di eliminarla! Sì perché una terza squadra a Milano ai massimi livelli calcistici sarebbe stata di troppo. Quindi il regime costrinse l'US Milanese a fondersi con l'Inter andando a costituire una nuova compagine: l'Ambrosiana. Il che consentì al regime di far sparire quel nome Inter... così odioso visto che richiamava alla mente il nome di organizzazioni politiche avverse al regime stesso.
Il posto lasciato libero dall'US Milanese fu occupato dalla Fiumana, sempre per motivi geo-politici.
Ricordiamo per ultima, l'italianizzazione del Genoa che diventò... Genova 1893!

DIVISIONE NAZIONALE 1928/29
La formula rimase invariata, tranne che per la fase finale. L'ingrandimento dei gironi a 16 squadre ciascuno, non consentiva la disputa di un ulteriore girone finale per decidere lo scudetto, così come impedì la disputa della Coppa CONI. Si tornò invece, per l'ultima volta, a decidere tutto con una finale di andata e ritorno. 
Per le retrocessioni invece il discorso cambiò molto: le prime 8 classificate di ogni girone avrebbero costituito la nuova Serie A; le successive 6 classificate avrebbero costituito la nuova Serie B, insieme alle promosse dalla Prima Divisione; le ultime 2 sarebbero retrocesse in Prima Divisione.

I due gironi non ebbero storia: Torino e Bologna si confermarono vittoriose nei rispettivi gironi, tenendo a bada i rispettivi rivali: Milan e Juventus. Da segnalare il positivo campionato di Roma, Alessandria e Brescia.

Girone A Girone B
Torino 48 Bologna 49
Milan 42 Juventus 41
Roma 40 Brescia 41
Alessandria 40 Genova 1893 39
Pro Patria 36 Pro Vercelli 38
Modena 35 Ambrosiana 37
Livorno 32 Cremonese 33
Padova 30 Lazio 29
Triestina 29 Napoli 29
Casale XI Legione 23 Biellese 27
La Dominante 23 Venezia 26
Novara 23 Pistoiese 25
Bari 22 Hellas Verona 25
Atalanta 20 Fiumana 15
Prato 19 Reggiana 13
Legnano 18 Fiorentina 12

Al termine del campionato risultarono ammesse in Serie A: Torino, Milan, Roma, Alessandria, Pro Patria, Modena, Livorno, Padova, Bologna, Juventus, Brescia, Genova 1893, Pro Vercelli, Ambrosiana, Cremonese e la vincente dello spareggio tra Lazio e Napoli.

Spareggio per la Serie A
Milano, 23/06/1929 : Lazio-Napoli 2-2

La Federazione decise poi di ammettere in Serie A anche le squadre classificate al 9° posto, rendendo inutile un ulteriore spareggio tra Lazio e Napoli. Entrambe furano ammesse in Serie A unitamente alla Triestina. Le ultime due classificate andarono anch'esse a formare la Serie B, anziché retrocedere in Prima Divisione.

FINALE
Bologna, 23/06/1929 : Bologna-Torino 2-1
Torino, 30/06/1929 : Torino-Bologna 1-0
Roma, 07/07/1929 : Bologna-Torino 1-0

BOLOGNA Campione d'Italia 1928/29
Formazione: Gianni; Monzeglio, Gasperi; Genovesi, Baldi, Pitto; Busini I, Della Valle III, Schiavio, Busini III, Muzzioli. Altri Titolari: Pedretti, Besoli, Cogolli, Di Giamberardino, Galliani, Ghillini, Lolli, Martelli I, Martelli II, Mercatelli, Negrini, Perin, Pozzi, Zuffi. Allenatore: Hermann Felsner

Il Bologna 1928/29 Campione d'Italia nel suo classico schieramento
Promosse dalla Prima Divisione: Spezia, Parma, Monfalconese CNT e Lecce,

Nuova Serie A: Alessandria, Ambrosiana, Bologna, Brescia, Cremonese, Genova 1893, Juventus, Lazio, Livorno, Milan, Modena, Napoli, Padova, Pro Patria, Pro Vercelli, Roma, Torino, Triestina.

Nuova Serie B: Atalanta, Bari, Biellese, Casale, Fiorentina, Fiumana, La Dominante, Lecce, Legnano, Monfalconese CNT, Novara, Parma, Pistoiese, Prato, Reggiana, Spezia, Venezia, Verona.

venerdì 14 novembre 2014

Verso il girone unico - Divisione Nazionale 1927/28

La stagione 1927/28 rappresentò una nuova occasione per le squadre del centro-sud di riscattare le magre figure collezionate l'anno prima e per il Torino rappresentò una chance di confermare il primato che gli fu tolto con lo scandalo Allemandi.
Le squadre del centro-sud erano finite tutte in zona retrocessione, ma la Federazione ed il regime non tolleravano una parziale rappresentanza dell'Italia nel massimo campionato di calcio. L'unica rappresentante del calcio centro-meridionale sarebbe dovuta essere la Lazio neo-promossa dalla Prima Divisione. La Federazione diede una nuova possibilità alle squadre retrocesse, ripescandole e chiedendo garanzie alle stesse riguardo alla loro competitività. Il Napoli, tramite il presidente Ascarelli diede garanzie sul calciomercato, per quanto riguarda le squadre romane si decise l'accorpamento di Alba Audace e Fortitudo Pro Roma con la compagine del Roman (o FBC Roma) creando così la Roma. In tal modo la presenza della Capitale era garantita nei due gironi: in uno la Lazio, nell'altro la Roma.
Un altro problema che fu affrontato, fu la eccessiva presenza di squadre che facevano riferimento ad una singola città. Fu così che Genova, che aveva addirittura tre squadre nella massima serie, vide la fusione di Andrea Doria e Sampierdarenese nella compagine La Dominante. Il posto lasciato libero fu occupato dalla ripescata Cremonese.

DIVISIONE NAZIONALE 1927/28
La formula era identica a quella della stagione precedente con la differenza nel numero delle squadre partecipanti: 22 invece di 20. I gironi furono pertanto di 11 squadre e le prime quattro passavano al girone finale. La vincente del girone finale era proclamata Campione d'Italia.

Il Torino, nonostante una falsa partenza, si qualificò agevolmente per il girone finale, così come le finaliste dell'anno precedente. Come outsider si qualificarono anche l'Alessandria ed il Casale che aveva cambiato denominazione e ne aveva assunta una in sintonia col regime: Casale XI Legione.

Nel girone finale il Torino si confermò al primo posto e si guadagno un meritatissimo titolo di Campione d'Italia che, stavolta, nessuno avrebbe contestato.

Girone A Girone B Girone Finale
Torino 30 Bologna 27 Torino 19
Alessandria 29 Juventus 24 Genoa 17
Genoa 28 Inter 24 Alessandria 16
Milan 26 Casale XI Legione 24 Juventus 16
Brescia 21 Modena 22 Bologna 15
Pro Vercelli 18 Novara 21 Milan 14
Cremonese 17 Pro Patria 20 Inter 11
Padova 17 Roma 18 Casale XI Legione 4
Napoli 15 Livorno 17
Lazio 11 La Dominante 14
Reggiana 8 Hellas Verona 9
Anche stavolta le retrocessioni rimasero sulla carta, perché già dopo due settimane la Federazione stabilì quanto segue:
« ...nella stagione 1929-30 avremo in Divisione Nazionale 32 squadre delle quali 16 parteciperanno alla Serie A e 16 alla Serie B... Questo sistema in sostanza porta a quel girone unico da tanto tempo atteso, mentre crea tra la massima categoria e la Prima Divisione un utile cuscinetto. Nella stagione 1928-29 si avrà invece un campionato di transizione: verrà giocato su due gironi di 12 squadre ciascuno, cioè le attuali meno l'Hellas e la Reggiana, oltre ovviamente alle vincenti dei quattro gironi della Prima Divisione. Le prime quattro classificate di ogni girone (totale 8 squadre) disputeranno un girone finale per il titolo di campione d'Italia 1928-1929, mentre le 16 escluse disputeranno la Coppa CONI. Le prime quattro classificate di ogni girone della Coppa CONI (totale 8 squadre) andranno per la stagione 1929-30 a completare la Serie A con le otto finaliste, mentre le ultime quattro classificate di ogni girone, più le prime due classificate di ogni girone di Prima Divisione (totale 16 squadre) formeranno la Serie B della Divisione Nazionale. »
(Deliberazione della FIGC riportato da La Stampa del 19 marzo 1928, p. 2.)
Hellas e Reggiana retrocesse? Neanche per sogno. A fine giugno la Federazione deliberò:
« Nella prossima stagione al campionato di Divisione Nazionale parteciperanno 32 squadre, che giuocheranno in due gironi di 16 ciascuna... Le iscrizioni si chiuderanno il prossimo 10 luglio. In base alle medesime pervenute, il Direttorio Federale stabilirà i gironi fissando di conseguenza le varie squadre da promuovere. Tuttavia possiamo finora comunicarvi che in Divisione Nazionale entreranno otto squadre più delle previste seguendo nella scelta criteri politici oltre che sportivi. Oltre alle 24 che già hanno diritto, andranno dunque nella massima categoria le seguenti squadre: Hellas, Reggiana, Triestina (indipendentemente quest'ultima dal posto che occupa in classifica, ma in omaggio agli altri titoli della nobilissima Trieste), la Fiorentina, il Legnano, la Milanese, la Venezia e la Prato, tenendo per questa in conto che la cittadina toscana ha ben 155 giuocatori tesserati... »
(Deliberazione della FIGC riportato da La Stampa del 29 giugno 1928, p. 5)
TORINO Campione d'Italia 1927/28
Formazione: Bosia; Monti III, Martin II; Colombari, Janni, Sperone; Vezzani, Baloncieri, Libonatti, Rossetti II, Franzoni. Altri Titolari: Bacigalupo III, Amadesi, Breviglieri I, Carrera, Martin III, Rossetti I, Sticco, Vincenzi. Allenatore: Anton "Toni" Cargnelli.

Una formazione del Torino Campione d'Italia 1927/28
Dalla Prima Divisione furono promosse: Atalanta, Biellese, Pistoiese, Bari, Venezia, Fiumana, Triestina, Legnano, Prato e Fiorentina.
La Coppa CONI fu vinta dalla Roma.

giovedì 13 novembre 2014

Nazionale 1912-1930

Abbiamo lasciato la Nazionale nel 1912 ai Giochi Olimpici di Stoccolma. Era una Nazionale giovane ed inesperta che, a parte qualche successo occasionale, non riuscì a mettersi in luce. In seguito, affidata nuovamente alle cure di varie Commissioni Tecniche, la Nazionale riuscì ad acquisire esperienza e a progredire tecnicamente. 
Nel 1920, alle Olimpiadi di Anversa, riuscì ad arrivare ai quarti di finale. Stesso risultato alle Olimpiadi di Parigi nel 1924, quando Vittorio Pozzo tornò ad essere il Commissario Unico degli azzurri.
Negli anni successivi, affidata nuovamente alle cure di una Commissione Tecnica prima e dei tecnici Augusto Rangone e Carlo Carcano, la Nazionale seppe dare ottime soddisfazioni ai tifosi. 
Nel 1927 gli azzurri parteciparono alla Coppa Internazionale, un'antenata del Campionato Europeo, che vide coinvolte anche le nazionali di Svizzera, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia. Questa competizione era un vero e proprio campionato con girone all'italiana e con partite di andata e ritorno. Considerando le difficoltà di trasporto dell'epoca, non ci si può meravigliare che il torneo terminò solo nel 1930. Fu proprio l'Italia a vincere il torneo, quando fu nuovamente affidata alle cure di Vittorio Pozzo che lascerà la direzione della Nazionale solo nel 1948. Nel frattempo, la Nazionale si era ben comportata nel torneo calcistico delle Olimpiadi di Anversa nel 1928, sotto la guida di Rangone, eliminando la Francia negli ottavi (4-3), la Spagna nei quarti (1-1 e 7-1 nella ripetizione) ed essendo eliminata di misura dai campioni uscenti dell'Uruguay con il risultato di 3-2. L'Uruguay era la potenza calcistica dell'epoca e dopo due anni si sarebbe laureato Campione del Mondo nella prima edizione della Coppa Rimet. Nella finale per il 3° posto, l'Italia distrusse l'Egitto con il punteggio di 11-3 che tuttora rimane il punteggio più alto in un incontro della Nazionale. E sembra che Bernardini calciò di proposito fuori un rigore, per non infierire ulteriormente. Sta di fatto che tale vittoria fruttò una medaglia di bronzo alle Olimpiadi e una prima consacrazione della Nazionale a potenza calcistica europea.

Augusto Rangone

Carlo Carcano


Vittorio Pozzo

mercoledì 12 novembre 2014

1926/27 - Lo scudetto revocato ovvero il "caso Allemandi"

Luglio 1927. Durante quella torrida estate, scoppiò uno scandalo che, per la prima volta, avrebbe determinato la non assegnazione di uno scudetto. 

L'antefatto
Girone finale del campionato 1926/27 (Divisione Nazionale): alla 6a giornata di ritorno il Torino comanda la classifica con 10 punti ed è seguito da Bologna e Juventus con 7.
Il 5 giugno 1927 per la 7a giornata di ritorno è in programma il derby Torino-Juventus. Vincere il derby per il Torino vorrebbe dire guadagnare un vantaggio in classifica di 5 punti sui bianconeri e mantenere a distanza di sicurezza i felsinei con solo tre partite ancora da disputare e l'ultima proprio con il Bologna. Il conte Marone, presidente granata, ne fa una questione di prestigio tanto da scommetterci una cena col rivale Edoardo Agnelli. Insomma è una partita da vincere ad ogni costo. Qualcuno prende la cosa un po' troppo alla lettera: il dirigente granata Nani. È un dirigente molto zelante e quando lo studente siciliano Giovanni Gaudioso lo avvicina non ha dubbi: accetta la sua proposta.
Ma cos'aveva di speciale il Gaudioso? Semplice: abitava nella stessa pensione in cui alloggiava il giocatore juventino Luigi Allemandi. E la sua proposta, ovviamente, era quella di trattare con Allemandi garantendogli molti soldi (50.000 lire dell'epoca) per giocare male durante il derby. Metà della somma fu versata prima della partita, l'altra metà era da versarsi al termine della partita, ovviamente vittoriosa.

Cosa successe in realtà
Il Torino si aggiudicò effettivamente il derby, ma Allemandi giocò da par suo con la tenacia, la determinazione e l'irruenza che gli erano propri. 
Gianni Brera lo descriveva così: 
«Era una forza scatenata della natura. Portava la zazzera ricciuta e aveva del diavolo. I suoi spunti veloci im­pressionavano come i suoi balzi acrobatici. Entrava primo sull'avversario lanciato al goal ed erano veri sfracelli».
L'inviato della Gazzetta, Bruno Roghi descrivendo la partita scrisse:
«I torinesi lavorano a maglie fitte, ma Allemandi è imbattibile, interviene, è sicuro e potente».
Insomma il terzino della Juventus e della Nazionale non giocò come un giocatore corrotto. Tutt'altro.
In partita ci furono effettivamente episodi un po' strani come il gol del pareggio granata. Fu battuto un calcio di punizione ed un uomo in barriera (Rosetta) allargò le gambe facendo passare il pallone. Oppure ciò che accadde nel prosieguo della partita: il centravanti juventino Pastore si fece espellere per una reazione ingenua e spropositata.

Come scoppiò lo scandalo
Nella pensione dove vivevano Gaudioso e Allemandi, aveva la sua residenza anche il giornalista romano Ferminelli. Costui era redattore del Paese Sportivo e del Tifone. Inoltre il Ferminelli aveva una spiccata antipatia per il Torino che, all'inizio della stagione, aveva dimenticato di fornirgli la tessera per lo stadio Filadelfia. La società granata lo aveva invitato a ritirare la tessera in sede. Ferminelli avrebbe invece voluto che la tessera gli fosse consegnata al giornale. Il Torino non inviò la tessera e lui non andò alla sede della società. Da quel momento Ferminelli cominciò a scrivere articoli infuocati contro il Torino. Per cui non gli parve vero di ascoltare i discorsi tra il Gaudioso e Allemandi nella stanza accanto alla sua in quel caldo giorno di luglio. Oggetto della discussione era il fatto che Nani, il dirigente granata, non voleva pagare la seconda parte di quanto pattuito, visto l'impegno di Allemandi durante la partita. Ferminelli aveva uno scoop sensazionale che avrebbe inguaiato l'odiato Torino. Sul Tifone firmò un articolo con il titolo "C'è del marcio in Danimarca". Il reportage provocò un'indagine da parte della Federcalcio di cui fu incaricato il vice di Arpinati, Giuseppe Zanetti. L'ispettore federale trovò in un cestino dei rifiuti dei pezzettini di carta che, messi insieme pazientemente, risultarono essere una lettera in cui Allemandi si lamentava del fatto di non avere ricevuto il resto del pagamento pattuito.

La sentenza
Lo scudetto del Torino fu revocato e rimase non assegnato. Secondo i regolamenti federali, il titolo sarebbe spettato alla seconda classificata, il Bologna. Ma, forse per ragioni di opportunità, Arpinati tifoso del club felsineo, decise di evitare l'assegnazione del titolo ai rossoblu, in quanto già per il semplice fatto di aver trasferito la sede della Federazione a Bologna, era stato aspramente criticato. Allemandi fu squalificato a vita, ma in seguito fu amnistiato dopo la conquista della medaglia di bronzo alle olimpiadi del 1928 da parte della Nazionale. Il testo della sentenza del 21 novembre diceva:
«Il Direttorio federa­le conferma le precedenti deci­sioni e squalifica a vita Luigi Allemandi, della cui colpevolez­za è stata pienamente raggiunta la prova; richiama il giocatore Munerati a una più esatta com­prensione dei suoi doveri in quanto un calciatore tesserato non può accettare doni di qual­siasi entità o natura da iscritti ad altre società; deplora e proi­bisce il malcostume delle scom­messe anche di lieve cifra, spe­cie quelle tenute contro le sorti dei propri colori e ammonisce per questa trasgressione il gio­catore Pastore, lieto di constata­re come l'episodio che ha dato luogo alle accennate sanzioni sia circoscritto a un solo gioca­tore e non possa quindi gettare ombra né onta sulla grande massa dei calciatori italiani».
Come si vede anche Munerati e Pastore furono coinvolti nello scandalo anche se con motivazioni differenti.

Tutto poco chiaro
Il caso comunque si rivelò poco chiaro. La foga con cui Allemandi richiedeva il pagamento della seconda parte del premio, pur avendo fatto il suo dovere in campo, fece pensare che egli fosse solo un intermediario e che il giocatore corrotto fosse un altro. Il granata Baloncieri a distanza di tempo affermò:
«Un fatto dubbio si era presentato agli inquirenti: quello di sospettare di un altro atleta che, per la sua dirittura morale, era inattaccabile».
L'attaccante granata stava alludendo all'altro terzino juventino Rosetta, che infatti allargò le gambe sul tiro di punizione che consentì il pareggio del Torino. Gianni Brera commentò nella sua Storia critica del calcio italiano:
«A questo punto, non sembra necessario essere Sherlock Holmes per appurare come sia andata, e subito dopo capire come abbia potuto Allemandi militare nell'Inter di Giovanni Mauro, vicepresidente della Fe­derazione e temibile capo degli arbitri. I sottili ricatti reciproci avevano lasciato alla Juventus il terzino più dotato di classe e avevano impedito al Bo­logna di acquistare un terzino che avrebbe fatto irresistibile coppia con il suo Monzeglio ai Mondiali 1934»
Conclusione
La sensazione che la vicenda lasciò è che Allemandi, pur avendo partecipato allo schema come intermediario, fu in realtà la vittima sacrificale per proteggere il più quotato Rosetta, terzino della Juventus e della Nazionale.

un'immagine di Luigi Allemandi con la maglia della Nazionale

lunedì 10 novembre 2014

Verso il girone unico - Stagione 1926/27

Rieccoci di nuovo a parlare della storia del calcio italiano.

Ricordiamo che la Carta di Viareggio, di cui abbiamo parlato l'ultima volta, riformò pesantemente la struttura del calcio italiano. Il fascismo non vedeva di buon occhio la separazione del campionato in nord e sud e quindi, con la Carta di Viareggio, creò la Divisione Nazionale che unificò calcisticamente la penisola. Purtroppo i valori in campo erano rimasti gli stessi di prima, cioè squadre metropolitane del nord fortissime e squadre del centro-sud non proprio all'altezza. Questo era un problema di difficile soluzione nell'immediato, ma i dirigenti delle squadre centro meridionali furono mobilitati per dedicarsi al rafforzamento delle squadre. Ma vediamo in dettaglio cosa successe.

DIVISIONE NAZIONALE 1926/27

Formula: 2 gironi di 10 squadre ciascuno. Le prime tre si qualificano per il girone finale. Le ultime due retrocedono. Le escluse dal girone finale partecipano alla Coppa CONI, antenata della Coppa Italia. Il titolo di campione viene vinto dalla prima classificata nel girone finale.

La Carta di Viareggio aveva stabilito che la Divisione Nazionale fosse composta da 17 squadre del nord Italia e 3 del centro-sud. Poiché le società del nord aventi diritto erano solo 16, furono organizzate delle qualificazioni per stabilire la 17. A tali eliminatorie parteciparono le 8 squadre dell'estinta Lega Nord già retrocesse al termine del campionato 1925/26.

Qualificazioni pre-campionato
Qualificazioni Divisione Nazionale
1° turno
29/08/1926 Bologna Mantova-Reggiana 7-3 dts
Verona Legnano-Udinese 2-0 forfait
Milano Novara-Parma 4-0
Genova Alessandria-Pisa 6-1
2° turno
05/09/1926 Milano Novara-Mantova 4-3 dts
Vercelli Alessandria-Legnano 4-1
Turno finale
12/09/1926 Casale Monf. Alessandria-Novara 2-2 dts
Spareggio
23/09/1926 Torino Alessandria-Novara 3-1

L'Alessandria si qualificò come 17 squadra del nord.

I due gironi di campionato (adesso si chiamerebbe "regular season") non riservarono particolari sorprese: le grandi tradizionali (Genoa, Milan, Inter, Juventus, Bologna e Torino) si imposero sulle altre qualificandosi per il girone finale.
Il Torino, trascinato dal "trio delle meraviglie" composto da Baloncieri, Libonatti e Rossetti, si impose nel girone finale aggiudicandosi quindi il primo titolo.

Girone A Girone B Girone Finale
Juventus 27 Torino 26 Torino 14
Inter 27 Milan 24 Bologna 12
Genoa 24 Bologna 24 Juventus 11
Casale 21 Alessandria 21 Genoa 9
Pro Vercelli 20 Livorno 20 Inter 8
Modena 18 Sampierdarenese 20 Milan 6
Brescia 15 Padova 15
Hellas Verona 15 Andrea Doria 13
Alba Audace 12 Cremonese 12
Napoli 1 Fortitudo Pro Roma 5

A fine stagione l'Alba-Audace si fuse con la Fortitudo-Pro Roma e il FBC Roma (Roman) militante in Prima Divisione, costituendo l'AS Roma.
Lo stesso accadde a Sampierdarenese e Andrea Doria che furono fuse per costituire la Dominante.
Napoli e Cremonese furono pertanto ripescati in Divisione Nazionale.

Il titolo di Campione d'Italia fu revocato nell'autunno 1927, in conseguenza del "Caso Allemandi" di cui parleremo domani. Il titolo 1927 rimase pertanto inaggiudicato.

Il Torino campione virtuale della stagione 1926/27
L'Alessandria si aggiudicò la Coppa CONI 1927, battendo in finale il Casale.

Dalla Prima Divisione furono promosse: Novara, Pro Patria, Reggiana e Lazio.

lunedì 20 ottobre 2014

Avviso

Il blog rimarrà senza aggiornamenti per due settimane circa. Ci rivedremo l'8 novembre.

A presto

sabato 18 ottobre 2014

Verso il girone unico: la Carta di Viareggio

Negli anni successivi alla prima guerra mondiale, il calcio aveva conosciuto un boom di popolarità eccezionale. Con la presa del potere nel 1922, il fascismo sfruttò il calcio con la sua potente attrazione sulle masse per i suoi scopi. Molti gerarchi entrarono nel mondo del calcio come dirigenti, altri come semplici tifosi. Già abbiamo parlato del bolognese Arpinati, ad esempio.
Ma fino al 1926, il fascismo si era tenuto fuori dagli organismi istituzionali del calcio italiano. Come avvenne l'entrata delle camicie nere nel mondo dell'organizzazione calcistica nazionale? L'occasione fu data dal campionato in corso in quel momento, il 1925/26 di cui già abbiamo visto i dettagli nel post di ieri. Quello di cui non avevamo ancora parlato, è che era in uso una lista di ricusazione degli arbitri. Praticamente una lista degli arbitri non graditi a determinate squadre (esisteva già allora, eh?). Da un lato la cosa si giustificava dal fatto che gli arbitri, fino ad allora, erano ex-giocatori o ex-dirigenti ed erano tesserati, ciascuno per un club. Per questo motivo, troppo spesso questi arbitri erano ritenuti di parte e quindi messi all'indice, ossia nelle liste di ricusazione. La cosa fece nascere una pesante contestazione, da parte della categoria arbitrale, che si manifestò con uno sciopero ad oltranza. La Lega Nord, che era responsabile della gestione degli arbitri per il campionato maggiore, si vide messa in difficoltà e tutto il suo Consiglio Direttivo diede le dimissioni in massa. Il presidente della Lega Nord però, non convocò un'assemblea per indire nuove elezioni, ma delegò i suoi poteri al CONI, ente già asservito al regime tramite il suo presidente, Lando Ferretti. Costui nominò una commissione di tre esperti che aveva il compito di redigere un documento su una nuova organizzazione del calcio italiano. Paolo Graziani, Italo Foschi e l'avvocato Giovanni Mauro, presidente dell'AIA, si riunirono a Viareggio ed in breve conclusero il lavoro loro assegnato e pubblicarono un documento il 2 agosto che fu rapidamente approvato dal CONI e reso operativo all'istante. Tale documento è conosciuto come la Carta di Viareggio.
La carta in sintesi regolava tutti gli aspetti del calcio italiano: statuto dei calciatori, organizzazione della Federazione e dei campionati.

Norme relative allo status dei calciatori
I calciatori venivano divisi in "dilettanti" e "non-dilettanti", aprendo in pratica al professionismo. La figura del calciatore "non-dilettante" stava a legittimare il malcostume che sempre aveva consentito lo svolgersi di forme clandestine di calciomercato e degli stipendi pagati ai giocatori più bravi sotto forma di rimborso-spese o di salari fittizi corrisposti dall'azienda facente capo alla proprietà della società di calcio. 
I casi più clamorosi di calciomercato furono:
  • il passaggio di Renzo De Vecchi dal Milan al Genoa nel 1913 per 24.000 lire;
  • il passaggio di Virginio Rosetta dalla Pro Vercelli alla Juventus nel 1923 per 50.000 lire;
  • il passaggio di Adolfo Baloncieri dall'Alessandria al Torino nel 1925 per 70.000 lire.
Veniva eliminato il vincolo territoriale per i calciatori. Non era più necessario risiedere nella provincia di residenza del club. 
In pratica si legalizzò il calciomercato e subito due società ne approfittarono:
  • il Torino che preleverà il centravanti Gino Rossetti dallo Spezia per 25.000 lire;
  • l'Inter che preleverà l'attaccante Fulvio Bernardini dalla Lazio per 150.000 lire.
Si stabilì anche la totale chiusura agli stranieri a partire dal 1928. Un guaio per parecchie società che nei propri ranghi contavano giocatori austriaci e ungheresi, cioè esponenti della famosa Scuola Danubiana, assai di moda all'epoca. Ovvio che si trovò subito il modo di aggirare la norma, specialmente per chi voleva comprare giocatori sudamericani, inventando il fenomeno degli oriundi.

Norme relative all'organizzazione calcistica
La Federazione veniva riorganizzata in maniera verticistica, analogamente a quanto succedeva nello Stato. Fu nominato un Direttorio Federale a capo del quale fu messo Leandro Arpinati. Costui, come primo atto, trasferì la sede della FIGC da Torino a... indovinate un po'... Bologna, ovvio.
Leghe e Comitati regionali furono sostituiti dal Direttorio Divisioni Superiori, due Direttòri Divisioni Inferiori Nord e Sud, Direttòri Regionali e il Comitato Tecnico Arbitrale Italiano che andava a sostituire l'AIA. A partire dal 1927, anche le nomine dei dirigenti dei club era sottoposta all'ESPF (Enti Sportivi Provinciali Fascisti), eliminando di fatto, dirigenti eventualmente invisi al regime.

Quanto al campionato, veniva creata la Divisione Nazionale, unica per tutta Italia, dove si giocava per vincere il titolo nazionale. Nel paese che il fascismo voleva costruire non poteva esistere una divisione fra campionato del nord e campionato del sud. Bisognava però pur tener conto della differenza tecnica abissale tra le squadre del nord e quelle del sud, che rimediavano sistematici "cappotti" dalle squadre del nord nelle finali per il titolo. Ed infatti la Divisione Nazionale si sarebbe articolata in 20 squadre divise in due gironi da 10 squadre ciascuno. Di queste 20 squadre, 17 sarebbero state del nord e 3 del sud e più precisamente:
  • le 16 squadre del nord aventi diritto a partecipare al massimo campionato della nuova stagione;
  • la diciassettesima del nord era da recuperare tra quelle retrocesse (Mantova, Reggiana, Legnano, Udinese, Novara, Parma, Alessandria e Pisa) e a tal fine fu organizzato un torneo di qualificazione tra le 8 retrocesse della precedente annata (vinse l'Alessandria);
  • le altre tre erano provenienti dalla ex Lega Sud, ossia le due finaliste Alba e Internaples, più la Fortitudo.
La scelta della Fortitudo come ultima squadra non era casuale: in primis era per dare visibilità alla capitale con due squadre, come già accadeva per molte squadre del nord, e poi "last but not least" era la squadra di cui Italo Foschi, uno dei tre esperti, era presidente.
Il secondo livello del calcio italiano veniva occupato dalla declassata Prima Divisione, alla quale furono iscritte tutte le squadre della vecchia Prima Divisione che non si erano qualificate per la Divisione Nazionale, altre ventidue squadre provenienti dalla Seconda Divisione e l'Anconitana che venne aggregata al gruppo delle squadre del nord.

Fusioni
La riforma strutturale dei campionati non poteva avvenire in molte città senza metter mano all'esistenza di molte società. Città come Milano, Genova e Roma avevano fin troppe squadre presenti ai massimi livelli. Altre come Firenze non avevano rappresentanti giacché il calcio in Toscana si era evoluto soprattutto nei centri portuali come Livorno e Pisa. Ma soprattutto i grandi centri urbani del centro-sud Firenze, Roma e Napoli non avevano squadre in grado di competere con gli squadroni del nord. Il marchese e gerarca fascista Luigi Ridolfi si fece promotore della fusione tra CS Firenze e Libertas per creare la Fiorentina che nacque il 26 agosto 1926.
A Roma invece le squadre erano numerose. Le più importanti erano la Lazio, l'Alba e la Fortitudo, che negli anni erano riuscite ad arrivare alla finale nazionale, rimediando sempre batoste colossali. L'ammissione di Alba e Fortitudo alla Divisione Nazionale richiese un'opera di rafforzamento dei club. Pertanto Italo Foschi, presidente della Fortitudo e componente della commissione che redasse la Carta di Viareggio, si rese promotore della fusione dell'Alba con l'Audace Esperia e della Fortitudo con la Pro Roma. Tali fusioni non furono sufficienti. Entrambe le compagini terminarono il campionato successivo in zona retrocessione. Il Foschi quindi fece un passo decisivo unendo Alba, Fortitudo e il FBC Roma, meglio noto come Roman, per creare una compagine più forte per rappresentare la capitale. Nacque così la Roma. La Lazio non partecipò al giro di fusioni, un po' per scelta dei propri dirigenti, un po' perché al regime faceva piacere che la capitale avesse due squadre come le città del nord. A Napoli il problema si era già risolto con la fusione che negli anni precedenti aveva portato alla nascita dell'Internaples. Ma il club era debole e così l'imprenditore Giorgio Ascarelli riunì attorno a sé i soci dell'Internaples ed altre forze nuove per creare una compagine più forte: il Napoli. Negli anni successivi al 1927 si verificarono altre fusioni come, ad esempio, a Bari dove Liberty e Ideale si fusero creando il Bari,  a Genova dove la Sampierdarenese fu fusa con l'Andrea Doria per creare La Dominante ed infine a Milano, dove l'Inter fu fusa con l'US Milanese per creare l'Ambrosiana.
Nuovi scenari si aprono per il calcio italiano. Stanno per arrivare Serie A e Serie B.